Perché fotografo?
È una domanda che prima o poi ci facciamo tutti: perché fotografo?
Quando la fotografia non è più solo un hobby o una passione questa domanda diventa sempre più insistente nella nostra testa, almeno nella mia. All’inizio le risposte sono come quelle di un bambino: perché mi piace.
Paragono sempre la parte iniziale di un qualsiasi percorso alla strada vera e propria della vita, siamo bambini, non sappiamo ancora un sacco di cose, c’è anche un magico disincanto e una rilevante dose di inconsapevolezza. Quando fotografafo all’inizio ero esattamente così. Non che adesso io sia chissà quanto matura (fotograficamente parlando) ma certamente siamo cresciute tanto io e lei insieme. Nell’adolescenza fotografica ho cercato risposte più intelligenti da darmi, più introspettive, significative, ma non credo di averne trovate. Ogni tanto a questa domanda rispondevo semplicemente con un : non lo so, non posso farne a meno.
Sarà poi vero?
Poi ci sono risposte come: lo faccio da quando sono una bambina (che è il mio caso), come se cambiasse qualcosa da quando lo fai, come se cominciare da adulti togliesse valore a quel richiamo istintivo di fare foto.
Credo che la parte radicata in tutti noi del fare foto (perché questa passione ormai ce l’ha l’80 per cento della popolazione) sia semplicemente il bisogno, quasi la necessità, di dire qualcosa. Vogliamo dire la nostra, su qualsiasi argomento. “ sì questa è la tua montagna, ma guarda la mia! Ah, bel mare sì, ma guarda il mio!”. Quando però la fotografia diventa totalitaria all’interno della propria esistenza quella domanda diventa insistente, necessita di una risposta, di un perché, anche se forse una ragione non è necessaria, a volte le cose sono e basta.
Ho risposto a questa domanda ieri, senza di fatto essermela più posta da ormai molto tempo, la mia mente era sgombra. Scrollavo Instagram e ho risposto ad un commento sotto una mia foto, questo:

Un commento carinissimo, niente di particolare, ma quando ho letto le sue parole: ho bisogno di vedere il mondo fuori attraverso la mia reflex, la mia mente si è accesa.
Quest’affermazione viene detta dalla maggior parte di chi fotografa, io stessa credo di averla pensata diversi anni fa (hai presente quando rispondendo ad una domanda interna qualcosa dentro di te ti dice che no, quella non è la risposta giusta? Ecco, a me succedeva così.) Non è perché se lo pensano in tanti allora non va bene, non sono così radical-chic, anzi è una cosa che ha senso, quando fotografiamo un soggetto lo stiamo vedendo attraverso i nostri occhi, in questo caso rappresentati dalla nostra macchina fotografica, noi stiamo mostrando al mondo come vediamo le cose.
Ma non è quello che mi spinge a scattare.
Forse è anche per questo che non ho uno stile predefinito, passo da foto completamente diverse l’una dall’altra.
Quello che mi spinge non è scoprire il mondo, ma scoprire la fotografia.
Io amo lei, è con lei che ho deciso di accoppiarmi per la vita, di condividere tutto, di chiacchierare di tutto, a qualsiasi ora del giorno e della notte. E’ con lei che litigo furiosamente fino a pensare che: sai cosa, lasciamo stare il nostro rapporto perché non funziona.
E’ con lei che ho deciso di condividere la mia sfera personale, affettiva, lavorativa.
Non è il mondo il mio soggetto, è la fotografia il mio soggetto. Io voglio generare e creare fotografie, non voglio rappresentare il mondo con la fotografia, il mondo è il mezzo, quando scatto una foto nasce qualcosa di mio, qualcosa che prima non esisteva, che non è la rappresentazione di una cosa che esiste già, è qualcosa di nuovo, la foto è un vera e propria forma di vita reale per me (non importa che sia stampato o digitale, la sua esistenza ai miei occhi è uguale), per me c’è un’enorme sofferenza nell’eliminare una foto, è come decidere di non far nascere qualcosa per un giudizio arbitrario che oggi è così ma domani potrebbe cambiare.
Come posso io decidere che quella foto deve sparire dalla faccia della terra?
Quindi sì, oggi credo di aver risposto a questa mia annosa domanda, non so se è una risposta definitiva, forse no, potrebbe cambiare nel corso del tempo, come cambio io e come cambia lei, la fotografia.
Io non voglio scoprire il mondo attraverso la fotografia, io voglio scoprire la fotografia attraverso il mondo
E questa risposta d’istinto che ho dato a quel commento ha segnato un giro di boa nel mio rapporto con la fotografia.
Sento che io e lei siamo più mature, conosciamo i nostri limiti e i nostri difetti, ma ci amiamo comunque. Stiamo ancora crescendo insieme ma oggi sento che siamo molto più libere da pressioni e doveri, ci siamo liberate dai vincoli delle regole su quello che deve essere e su quello che si deve fare.
Oggi ho capito perché ho deciso di passare la mia vita con lei.