La mia esperienza all’IMP festival di Padova
Una delle cose che avevo in cantiere di raccontarti è la mia esperienza all’IMP Festival di Padova, e cioè l’International Month of Photojournalism.
Il direttore artistico è Riccardo Bononi, l’ho conosciuto in occasione di un corso fotografico, Riccardo è laureto in psicologia e antropologia, è membro della Prospekt ed è docente e ricercatore presso la Irfoss, dove ho appunto frequentato un suo corso di fotografia. In quell’occasione chiese a chi fosse interessato di far parte dello staff volontari per organizzare la seconda edizione del Festival.
Questo era nel 2019, poi c’è stato il Covid.
Come volontaria ero addetta a turni di guardiania, si chiamano così, alla sede della Cattedrale ex Macello, si controlla che nessuno rubi cataloghi, foto, si da una spolverata, si risponde alle domande dei visitatori. Quindi ho avuto il tempo di studiarmi bene tutte le mostre esposte in quella sede. La fotografia di fotogiornalismo è differente dalle foto a cui siamo abituati, spesso non ha l’effetto wow, non ha colori super saturi o definizione alle stelle; sono foto, semplicemente foto, il loro scopo è il racconto, è il portare alla luce (cosa che ritengo essere uno degli scopi della fotografia il portare alla luce, far vedere, far scoprire).
Uno dei progetti che più mi è piaciuto è stato Omo Change di Fausto Podavini: racconta una cosa lontanissima da noi, ma drammatica. Ecco perché la fotografia porta alla luce e perché le mostre fotografiche sono sempre un buona motivazione per uscire di casa per andare a visitarle, sono una finestra sul mondo a noi sconosciuto, sono un racconto ma fatto di immagini, ti consiglio vivamente di darci un occhio e leggere il breve racconto del progetto.

Ho amato molto anche Cosmodrome di Raffaele Petralla nello specifico questa foto, me ne sono innamorata. Il progetto é curioso e lo stile fotografico mi è stato di grande ispirazione.

Un po’ tutti i volontari realizzavano foto di backstage e alcuni di noi, tra cui io, realizzavamo anche video per raccontare soprattutto gli eventi e le talk e in queste occasioni ho avuto il privilegio di ascoltare il progetto di Antonio Faccilongo direttamente dalle sue labbra, il racconto delle persone che ha conosciuto e di come ha realizzato il progetto Habibi

La cattedrale ex macello è un luogo incredibile, stupendo e al tempo stesso inquietante, si vedono chiare le tracce del suo passato e io respiravo quello che deve essere stato l’orrore e la sofferenza degli animali; al tempo stesso però è una vera cattedrale, ampia, con finestre enormi, bellissima.
Purtroppo mi è mancato il tempo per visitare tutte le sedi espositive e le mostre, sono riuscita ad andare in Galleria Cavour dove erano esposte tre mostre splendide: Lorenzo Meloni



del quale ho avuto l’immenso onore di fotografarlo, riprenderlo e ascoltarlo raccontare del suo progetto. Persona squisita, gentile, semplice e disponibile. Un grande essere umano
Ti invito davvero a dare un occhio al sito dell’Imp festival di Padova, di spulciare le mostre e, se hai voglia, di scoprire i fotografi andando a vedere i loro lavori sui loro siti ufficiali. I link che ti ho messo sui loro nomi ti porteranno direttamente sui siti.
Non sono foto facili, per nulla, sono foto che afferrano cuore e stomaco e li stritolano in una morsa dolorosa, mandano in corto circuito il cervello che combatte tra l’incanto di una foto meravigliosa e l’orrore che contiene.
Guardare questo tipo di foto fa capire l’importanza delle immagini, di come una sola fotografia possa raccontare tantissimo e aver mille messaggi diversi, di come sia una specie di buco nero che ti risucchia in mille sensazioni, riflessioni, apre domande che quasi mai hanno risposte. Impariamo così la capacità di dare un peso diverso alle immagini che vediamo ogni giorno, patinate, vuote, didascaliche, tutte uguali.
Non sto dicendo che una foto di uno splendido paesaggio o un ritratto o uno still life o mille delle altre foto che vediamo sia meno bella, io stessa faccio quel genere di fotografia. Quello che vorrei cercare di passarti è il messaggio di provare a guardare qualcosa di diverso e le mostre sono le uniche ad offrire questo punto di vista perché molte foto non vengono pubblicate, perché troppo crude o perché non funzionano nel web. Siamo così presi da tutte le cose che dobbiamo fare durante il giorno da farci sfuggire spesso occasioni per imparare o meravigliarci, oppure piangere davanti a sguardi così intensi che non sai se rimanere lì a fissarli o scappare perché quello che dicono è terribilmente doloroso.
E poi la foto fisica lì appesa ha tutto un altro effetto. Diventa tangibile, è lì ad un passo.
Io, per la prima volta, sono rimasta non so quanto tempo immobile di fronte ad una fotografia, incantata dalla sua bellezza, dalla luce, dalla composizione, dai colori, dalle forme. Ai miei occhi era semplicemente perfetta. Ma l’uomo ritratto era morto. Quell’uomo è morto, non esiste più, quella foto gli ha donato una sorta di vita eterna rendendo senza fine quel momento orribile. La mia mente era confusa:
“come puoi”, mi dicevo “amare così tanto questa foto considerandola meravigliosa e allo stesso tempo trovarla così dolorosa tanto da arrivare ad avere le lacrime agli occhi in mezzo a tutta questa gente?”
Vai ad una mostra. Una qualsiasi. E dopo ad un’altra, e ad un’altra ancora.